La parola resilienza deriva dalla fisica – più precisamente dalla metallurgia – e designa la caratteristica di certi materiali di ritornare alla loro forma originaria in seguito a pressione o urto.
Resilienza è sinonimo di resistenza e stabilità, flessibilità e volontà di apprendimento.
La resilienza è dunque la capacità di non farsi abbattere dai colpi del destino, di resistere alle difficoltà e di credere fermamente nelle proprie capacità.
Essere resilienti significa essere ottimisti, indirizzare il focus sulle risorse anziché sui deficit e intravvedere un senso anche nelle situazioni più difficili. E implica il fatto che le difficoltà non vanno evitate, ma affrontate e rappresentano un’opportunità di maturazione e crescita.
Self-care significa prendersi cura della propria salute a livello fisico e mentale e proteggere il proprio benessere. Un concetto che implica molto di più che concedersi un bagno rilassante o dotarsi di articoli di lusso.
L’OMS definisce il self-care come la capacità di promuovere e salvaguardare il proprio stato di salute, prevenire malattie e affrontare patologie e disabilità. Ed è qui che si chiude per me il cerchio verso la resilienza. Perché la nostra resistenza interiore e la capacità di regolare lo stress dipendono fortemente dal nostro stato di salute generale. Uno stato che non può certo essere buono se continuiamo a ignorare i nostri bisogni.
Prendersi cura di sé stessi non dovrebbe essere una cosa che vogliamo o dobbiamo per forza integrare nel nostro quotidiano. Non si tratta di diventare sempre più bravi, più efficienti, più belli. E non c’entra neanche il fatto di pensare solo a sé stessi. Self-care significa porre i propri bisogni sullo stesso piano di quelli degli altri e considerarli altrettanto importanti.
In tempi di incertezza e grandi cambiamenti è fondamentale essere dotati di forza interiore. Alla base ci vuole una buona salute mentale – la quale deve essere presa in considerazione e curata allo stesso modo della salute fisica. Un approccio scientificamente provato e molto efficace per prevenire patologie psichiche è la Psicologia Positiva, che analizza i fattori che portano gli individui, le organizzazioni e le società a svilupparsi nel miglior modo possibile. La Psicologia Positiva è la scienza della vita condotta con successo. A differenza della psicologia clinica volta ad analizzare carenze e deficit, la Psicologia Positiva privilegia gli aspetti positivi della condizione umana, focalizzandosi sulla felicità, sull’ottimismo, sulla fiducia, sui punti di forza individuali, sul perdono e anche sulla solidarietà.
Con tanti esercizi preziosi ed efficaci lavoreremo sui tuoi valori e punti di forza, affinché le emozioni positive guadagnino un posto di prim’ordine nella tua vita. Daremo uno sguardo alle tue competenze sociali, per innescare e portare avanti un cambiamento.
La Terapia della Gestalt è una forma di psicoterapia umanistica, centrata sull’esperienza, che favorisce sia la consapevolezza di ciò che si vive nel qui e ora sia le percezioni corporee, la gioia di vivere e la competenza creativa. È un metodo che corrisponde ad un approccio orientato alle risorse e alle soluzioni piuttosto che ai disturbi e alle malattie. Il termine tedesco Gestalt – “forma” in italiano – si riferisce al dare forma a un insieme completo e dotato di senso.
La Terapia della Gestalt parte dal presupposto che l’uomo sia sottoposto ad un processo di crescita continuo e si basa sulle sue potenzialità e motivazioni interiori – rappresenta dunque l’integrazione perfetta per il mio lavoro. L’uomo viene visto come individuo con una storia di vita personale nonché nell’interazione con il suo ambiente e le condizioni sociali che fanno da sfondo alla sua situazione attuale. È nel presente che vengono affrontate domande, richieste e situazioni irrisolte per riportare l’organismo bloccato nuovamente in contatto con il flusso di energia vitale e l’interazione con l’ambiente attuale.
Negli ultimi anni mi sono occupata molto dei nuovi stili di leadership e delle competenze necessarie a guidare un team. Un tema di grande attualità, come ho potuto constatare nelle diverse aziende che ho seguito in questi anni. Spesso ho avvertito in tale contesto un senso di sfiducia e impotenza. I vecchi metodi di leadership – che hanno funzionato bene per decenni – ora non funzionano più. Tanto meno con la nuova generazione Z! La mia domanda è ed è sempre stata la stessa: quali competenze ci vogliono per stabilire una comunicazione efficace, aperta e soprattutto chiara?
Quando di parla di competenze di leadership, mi considero per i miei clienti innanzitutto una sparring partner. Nuovi approcci di self-leadership, apprezzamento, ma anche autoriflessione e autenticità sono gli aspetti che accompagnano il mio lavoro in questo campo.